storia

Articolo-1800

Lo stralcio dell’articolo comparso su un giornale dell’Epoca

I pregiatissimi marmi di Cautano (e Vitulano) furono utilizzati già dal Vanvitelli per la realizzazione di alcune sale della Reggia di Caserta. Gli stessi marmi sono stati utilizzati nella realizzazione della Reggia di Napoli, la Reggia di Portici, il Santuario di Pompei, il Palazzo del Cremlino a Mosca del 1922 per fare alcuni esempi.

 

 

Da un articolo tratto dal libro Attività estrattive: cave, recuperi, pianificazione. Il P.r.a.e. della regione Campania di  Antonio Del Gaudio,Vallario si legge:

11.1.3.e I Marmi di Vitulano

Nel beneventano, alle pendici orientali del M. Camposauro, tra i comuni di Vitulano e Cautano, sono stati estratti in passato materiali lapidei, noti come i “Marmi di Vitulano”, che rappresentano i lapidei ornamentali più pregiati di tutta la regione.
Si tratta di calcari micritici e detritìci grigiastri, ascrivibili al Cretacico medio, intercalati a banchi e strati di calcari brecciati, brecce policrome e calcari a lumachella.
I “Marmi dì Vitulano” hanno avuto una notevole diffusione, grazie anche alle loro numerose varietà, quali il Grigio Perla, il Rosso Uria, la Lumachella Bianca, il Verde, il Brecciato Chiaro, il Brecciato Vivo, ecc.
Un rilevante impiego lo si ritrova a Caserta nel Palazzo Reale, a Napoli nel Duomo, nella Chiesa dei Pellegrini, nella Chiesa Madre del Cimitero, nella Chiesa del Gesù Nuovo, nel Museo Nazionale, nell’Albergo dei Poveri, all’interno del Teatro San Carlo, nei Palazzi della Borsa e delle Poste, oltre che nei Palazzi Reali di Napoli e di Portici, nei Palazzi della Provincia Napoli e di Caserta, nel Santuario di Pompei, ed in un elevato numero di palazzi privati.
Due varietà, il Marmo Greco Mandorlato e il Giallo Siena, sono stati utilizzatati anche fuori della Regione rispettivamente in S. Giovanni in Luterano e nella chiesa dei SS. Apostoli a Roma.”

Nel 1876 su un giornale dell’epoca si legge ancora:

“I MARMI
DEL PALAZZO DI CASERTA
Togliamo dall’American Register la seguente corrispondenza per mostrare come spesso i forestieri sanno più di noi stessi apprezzare le ricchezze del nostro suolo:
Napoli 1° maggio.
Il viaggiatore che da Roma si reca in Napoli non dovrebbe mai trascurare di fare una fermata a Caserta per vederne il palazzo reale ed il parco. Non mi proverò a farvi una minuta descrizione di questo grandioso edilizio eretto da Carlo III. Ma desidero chiamar l’attenzione su d’una sua particolarità, cioè la rarità e bellezza de’marmi profusi nell’adornamento della grande scala, della cappella, del teatro, delle vaste sale di ricevimento, della sala del trono e dei pavimenti. Ciò che maggiormente mi colpì in questo notevole edilìzio fu la grande scala, unica al mondo per semplicità e grandezza. L’effetto generale è la semplicità, ma un più minuto esame delle varie parti, degli accessori, scopre all’occhio una ricchezza di materiali e di particolari veramente maravigliosa. Ciò che sorprende è lo splendore de’marmi tanto antichi che moderni. Non parlerò del giallo 0 del verde antico, tutti marmi tolti dai romani a’monumenti dei vinti, ne’ mi fermerò a mostrarvi il grazioso teatrino colle sue sedici colonne corintie prese dal tempio di Giove Serapide a Pozzuoli; ma chiamerò l’attenzione sui marmi moderni della scala e della cappella i quali pel loro colore e la varietà delle venature sono davvero meravigliosi.
Queste venature non sono artificiali, ma disegni formati dal purissimo pennello di Madre Natura; nulla havvi di chiassoso, come si potrebbe supporre ove tìnte rosee, e colori bruno scuro, porpora, violetto e lilla sono così capricciosamente fusi assieme. Talvolta questi colori e queste vene formano un delicato paesaggio, oppure vedesi apparire una testa di cervo. Ma temerei con simili particolari di dare una falsa idea di questi marmi e di farli apparir bizzarri. Al contrario, vi è vita, leggerezza e squisita armonia nell’effetto generale, al punto che il sig. de Chavaune, scrittore francese , scrive più di trenta anni fa che i marmi preziosi coi quali la grande scala è adorna hanno qualche cosa di veramente nobile ed imponente nel loro effetto, mentre rispetto all’ architettura essa è degna della più alta lode. Quando chiesi ( alla guida donde venissero que’marmi, mi rispose : da Vitulano, verso Benevento. Io non avea mai sentito parlare di Vitulano e siccome la geografìa della guida era un po’ vaga, non rimasi soddisfatto.
Poco tempo dopo , vidi alcuni bei campioni di questi stessi marmi allo studio de’signori Holme e C.i di Napoli e là seppi da dove venivano. E seppi pure che se non sì vede magior quantità di questi marmi ne’moderni edilìzi è appunto perchè le cave aperte solamente per l’ornamento del palazzo furono poi, per decreto reale, chiuse per un secolo. I Borboni volevano essere i soli possessori. Ma sotto il nuovo regime, queste cave sono state riaperte dai signori Izzo e C. intraprendenti signori nativi del pittoresco comune di Vitulano che possiede questi marmi.
La mattina del 27 maggio, potei finalmente in compagnia del console americano soddisfare il mio desiderio di visitare le cave ove trovasi quella bella pietra uguagliata solo dai preziosi marmi portati dalla Numidia a servir di ornamento ai magnifici templi gli ed ai sontuosi palazzi di Roma. Giunti a Benevento, fummo accolti nel modo più grazioso dal signor avvocato Martini che gentilmente facendoci da guida ci mostrò tutt’ i monumenti antichi che contiene questa città tanto celebre nella storia…

… Si dice che quando Carlo III ebbe comprato Caserta dai duchi di Sermoneta, chiamò Vanvitélli, il più rinomato architetto del secolo XVIII, e gli diede carte Manche perchè gli fabbricasse un palazzo che per la bellezza dei marmi sorpassasse ogni altra regia. A questo scopoy Vanvitélli si valse di un francese gioito esperto in tal materia, il quale dopo molte escursioni ne’ monti trovò finalmente nel comune di Vitulano, ad un’ altezza di 3000 piedi sopra il livello del mare, il desiderato marmo, che dovette rallegrare gli occhi di Vanvitélli come per tre generazioni ha formato il diletto di tutti quelli che hanno visto la grande scala e la cappella di Caserta. Ma in quei tempi non v’ erano strade in quei monti e mi si dice che tutt i marmi che adornano il palazzo furono portati sulle spalle degli uomini fino ad un punto ove i carri potevano esser adoprati. Questo fatto spiegherebbe la picciolezza de’ pezzi, compensata d’ altronde dall’ abilità con cui son connessi.
Giunti alle cave per la strada costruita dai sig. Izzo rimasi attonito alla vista dei blocchi enormi di ciò che chiamerei volentieri «pietrepreziose». I cavatori stavano lavorando, ed i frantumi sparsi tutto all’ intorno nella loro scintillante bellezza mi pareano una inutile profusione. Appena potei assuefarmi a questa prodigalità quando osservai che la stessa casa dei lavoranti (nella quale ci fu servita un’ottima colezione ) era costruita di rozzi pezzi di quella nobil pietra da me tanto ammirata in Caserta ed in Napoli. Dalle cave ci recammo a veder le macchine ivi stabilite per segare i marmi e mosse da una ruota idraulica. Dopo aver veduto il vasto, attivo e romoreggiante lavoro che si fa in- quell’opificio, ce ne tornammo, il console ed io, vivamente impressionati dall’importanza dei marmi di Vitulano i quali non mancheranno di esser richiesti dalle città del mondo occidentale come cominciano ad eccitare l’attenzione degli artisti, degli architetti e dei costruttori in questo vecchio Mondo.
17 luglio 1876”